domenica 23 agosto 2009

MARINETTI POST1944


*da CONTROCULTURA7SUPEREVA

MARINETTI post1944: la continuità futuristaE’ possibile, anche alla luce del centenario futurista(1909-2009), celebrato ovunque più del bicentenario di Darwin (link… mediatico significativo), affermare criticamente certa[...]
E’ possibile, anche alla luce del centenario futurista(1909-2009),
celebrato ovunque più del bicentenario di Darwin (link… mediatico significativo), affermare criticamente certa continuità futurista, oggettivamente ininterrotta, fin dall’immediato secondo dopoguerra, dopo la scomparsa di Marinetti?
Come noto,
critici e storici dell’arte, spesso fino a pochi anni orsono francamente per motivi soprattutto ideologici, hanno archiviato l’avanguardia futurista proprio con la scomparsa del fondatore Filippo Tommaso Marinetti: peraltro, già ben prima del centenario altri critici e storici, minoritari nel panorama “accademico”, ma pur sempre autorevoli, hanno chi direttamente chi tacitamente rivendicato, al contrario la continuità del futurismo, se non come movimento organizzato, quanto meno sia come Idea ancora attuale, sia come esperienza concreta e documentabile di alcuni gruppi d’artisti, attivi anche dopo la scomparsa pretesa del futurismo.
Ci riferiamo ai critici e storici d’area futuristica: De Maria, Apollonio, Tallarico, Verdone, Grisi, Salaris, Di Genova, Crispolti, Scudiero, nonché ad artisti critici significativi quali Enzo Benedetto Record (cosiddetto dallo stesso Marinetti), Antonio Fiore, Baldo Savonari, finanche più recentemente a certa nuova ondata neofuturista (ma i suoi promotori rifiutano tale suffisso se non per convenzione), rappresentata dal celebre e spettacolare Graziano Cecchini, dai più giovani simultaneamente scrittori e saggisti Futurguerra e Giovanni Tuzet, fino a futurologi di fama internazionale, i cosiddetti transumanisti di Riccardo Campa (e anche altri storici o artisti, di cui ci scusiamo per eventuali omissioni).
Collateralmente anche i cosidetti Connettivisti, new wave della fantascienza italiana, rivendicano certa continuità futuristica, quantomeno come una delle matrici.
Infine: per dirla con Bloom, il futurismo è stato chiaramente rivendicato come matrice da parte delle più importanti cosiddette neovanguardie del secondo novecento: in Italia dallo stesso Gruppo 63 (la generazione dei vari Zanzotto, Eco, Sanguineti, Balestrini, lo stesso giovane all’epoca Ruffilli- e quest’ultimo ha aderito anche a certo neofuturismo contemporaneo). Finanche autori notissimi, in ambiti diversi: Nam June Paik per la video arte o arte elettronica, lo stesso Baj e gli stessi John Cage o Kraftwerk e Brian Eno nella musica elettronica, colta cosiddetta o tecnopop.
In ogni caso due fatti indiscutibili segnalano la continuità del futurismo, pur anche in certa ovviadi-scontinuità che, a ben vedere, appare trasparentemente una delle evoluzioni persino prevedibili del futurismo stesso storico (secondo la critica convenzionale): la continuità futurista si è sviluppata soprattutto sul versante filosofico-estetico modernista e postmoderno; insomma l’estetica della macchina futurista, il futurismo come futurologia quasi utopica.
Tale paradigma caratterizza, tra bordi più umanistici e altri più “scientisti” le aree neofuturiste sopraindicate. E attualmente quasi il Futurismo, alla luce proprio di certa futurologia italiana, appare quasi tutt’uno con il Transumanismo dell’
AIT di Riccardo Campa, quasi una codifica contemporanea ufficiale---



Roberto Guerra